Carlo Domenici (1897-1981) grazie alle sue precoci doti naturali riuscì ben presto ad inserirsi nel mondo artistico e culturale toscano, entrando in contatto con personalità che ne segneranno il percorso artistico. Nel 1911 si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove frequentò corsi di disegno, acquaforte e litografia. Questa fu per il giovane artista una tappa fondamentale per la sua formazione tecnica. L’arte toscana era in quegli anni ancora sopraffatta dai condizionamenti stilistici che costituirono la base della corrente dei Macchiaioli, spunti che furono assorbiti inevitabilmente anche da Domenici.
La passione per la natura e le terre toscane, ereditata dai grandi maestri quali Giovanni Fattori, portarono alla produzione di piccoli e grandi capolavori paesaggistici, raffiguranti scene comuni di vita agreste, ma completamente inondate dalle emozioni personali che la visione di queste suscitavano nell’artista stesso, il quale fu in grado di trasmetterle attraverso la tela ed i colori.
Nel 1915 Carlo Domenici espose presso la Società degli Amatori e Cultori a Roma, mentre nel 1924 partecipò, con circa quaranta opere, all’ottava mostra del Gruppo Labronico alla Galleria Pesaro di Milano.
L’artista, sempre fecondo, non abbandonò mai la propria attività espositiva, cimentandosi anche in tecniche diverse, oltre alla pittura ad olio, quali ad esempio la litografia e l’acquaforte, che ebbe modo di apprendere durante i primi anni della sua formazione.
Tra le altre, partecipò, nel 1950, alla mostra dedicata ai Cinquant’anni di Pittura Toscana tenutasi a Palazzo Strozzi a Firenze, e, nel 1958 gli fu dedicata una personale alla Galleria Cocchini di Livorno. Inoltre, tra il 1979 ed il 1981, ricoprì la carica di presidente del Gruppo Labronico.
Morì all’isola d’Elba nel 1981.
Nelle opere di Carlo Domenici si respira l’aria della campagna toscana, con le sue atmosfere quotidiane, scandite dai ritmi lavorativi. Le sue tele sono calde, grazie ad uso sapiente degli accostamenti cromatici, ed anche se in certi casi si percepisce la fatica del duro lavoro condotto dai soggetti ritratti, esse sono sempre pervase da un senso di pace, dato forse dalla sensazione di fiducia trasmessa da una placida quotidianità. La pennellata di Domenici risente indubbiamente della tradizione macchiaiola, risulta rapida nel definire i volumi di forme e figure attraverso il colore. La selvaggia natura toscana diventa una delle costanti della sua pittura, ritorna più volte lungo le fasi della sua carriera, ripresa in tutte le sue angolazioni e nelle sue varie mutazioni. In questi spazi, dove l’uomo sembra quasi esse chiamato a vivere in uno stato primordiale, egli trae l’ispirazione per la realizzazione di dipinti dai toni forti e decisi. Sono paesaggi e scorci incontaminati, senza i quali l’artista sembra non poter vivere e per questo ne trasmette la vitalità e la poesia sulla tela attraverso i colori. Sono infatti soprattutto i colori a definire i volumi, la sua tavolozza è accesa e vibrante, in grado di creare, accanto ad uno studio attento della luce, scenari suggestivi e poetici, che coinvolgono l’osservatore direttamente all’interno della campagna toscana da lui tanto amata. Pur muovendo i suoi primi passi partendo dalla tradizione pittorica toscana ottocentesca, come molti dei suoi contemporanei, egli seppe creare un linguaggio autonomo, non dimenticandosi mai delle proprie origini, riuscì a comunicare attraverso le sue opere un messaggio vero, reale, che ne ha fatto uno degli artisti prediletti dal collezionismo, soprattutto toscano, ancora oggi.