Distruggere per ricreare e trasformare. Questo faceva Alberto Burri, artista tra i più influenti, esposti e quotati dell’arte informale. Un informale che individua le sue caratteristiche nella materia utilizzata da Burri per rappresentare il suo studio creativo.
Il percorso artistico di Alberto Burri vede la sua spinta evolutiva nel 1943, durante la prigionia oltreoceano nel campo di concentramento di Hereford, nel Texas, dove la visione di atroci torture e corpi sottoposti al martirio della guerra lo portano a ragionare sulla formalità delle sue opere. La sperimentazione inizia nel 1948 con l’utilizzo di materiali inusuali operati su supporti di diverso tipo come legno, ferro, plastica e cellophane. La particolarità che rende Burri il capostipite dell’informale materico è la tipologia di utilizzo che faceva di questi materiali, intervenendo su di essi in modo violento e distruttivo.
Ciò é evidente nel 1957 con la serie Combustioni dove Burri attraverso l’utilizzo del fuoco brucia legni o plastiche con i quali poi realizza le sue opere. Le opere di Alberto Burri Combustione sono oggi tra le più conosciute e apprezzate in tutto il mondo e contese dai musei internazionali.
Era un godimento bruciare tutto. Era un godimento speciale vedere le cose mangiate, annerite e trasformate.
Alberto Burri: Gibellina e la serie dei cretti
L’alterazione formale e fisica dei materiali raggiunge un significato spirituale intrinseco delle opere di Burri ed è ben presente in tutta la sua produzione artistica. La stessa alterazione formale la troviamo negli anni Settanta anche nella serie dei cretti. I Cretti di Burri sono una vera e propria frattura fisica dello spazio dell’opera. Realizzate con una mistura di caolino, vinavil e pigmento fissata su cellotex; evocano la fisicità della terra essiccata. Anche in questo caso Burri lavora sulla consumazione fisica degli elementi, intrappolando il momento in cui la terra, in assenza d’acqua, si sgretola.
La più grande realizzazione di questa serie è osservabile sia da terra che da cielo nell’opera di Alberto Burri Grande Cretto di Gibellina. Come una grande frattura si sovrappone e ripercorre le forme delle vie e dei vicoli della città di Gibellina devastata dal terremoto di Belìce nel 1968. Le dimensioni dell’opera la fanno rientrare nella classifica delle opere di Land Art più famose e estese al mondo.
Mi veniva quasi da piangere e subito mi venne l’idea: ecco, io qui sento che potrei fare qualcosa. Io farei così: compattiamo le macerie che tanto sono un problema per tutti, le armiamo per bene, e con il cemento facciamo un immenso cretto bianco, così che resti perenne ricordo di quest’avvenimento.
Alberto Burri Sacco e Rosso
In tutte le opere di Burri si può osservare il legame con una narrazione profonda quasi dolorosa. L’artista infatti è sempre stato molto attivo nell’intervento e nella rappresentazione di eventi catastrofici presenti nella società umana; come le guerre e i disastri geologici. Per questo motivo osservando i sacchi di juta presenti in opere come Sacco e Rosso si percepisce il vissuto del materiale, lo scorrere del tempo che lascia un inevitabile marchio sulla juta.
L’inusuale utilizzo dei materiali apportati sulla tela da Burri ha portato le sue opere a subire forti critiche durante le prime esposizioni museali degli anni ‘60, per poi essere ribattezzato come il padre dell’arte informale materica. A sostenere Burri per tutta la sua carriera troviamo James Johnson Sweeney, il secondo direttore del Museo Guggenheim, che organizzò la prima retrospettiva tournée di Burri negli Stati Uniti, inaugurata al Museum of Fine Arts, Houston, nel 1963 e terminata al Guggenheim nel 1978.
Nel sacco trovo quella perfetta aderenza tra tono, materia e idea che nel colore sarebbe impossibile.
La poetica di Burri e la sua capacità di dialogare con la fisicità degli elementi rendono la sua arte la scintilla formale di tutte le influenze che accompagnano poi la nascita delle correnti artistiche successive. Burri dimostra come intervenire sulla materia eliminando il timore del cambiamento. L’opera che subisce una lavorazione riceve una doppia vita che attraverso la desacralizzazione della sua forma iniziale rinasce con un altro significato.
Albero Burri: dove trovare le sue opere
Le opere di Burri sono oggi esposte nei più importanti musei del mondo ma si possono osservare anche nell’esposizione permanente della Fondazione Burri creata dall’artista nel 1981 a Città di Castello con sede nel quattrocentesco Palazzo Albizzini.
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