Giuseppe Serafini (1915-1987), detto Beppe, nacque nella frazione di Torre, nel Comune di Montelupo Fiorentino, da padre pescatore e da madre fiascaia, ovvero si occupava di impagliare i fiaschi.
Iniziò ad avvicinarsi al mondo dell’arte svolgendo la professione di ceramista dedicandosi all’arte come passione, dipingendo fin da quando era ragazzo, anche se le pessime condizioni economiche familiari non gli permisero mai di acquistare i colori, ostacolo che però lo spinse ad inventare una tecnica tutta personale, che univa pittura ed incisione insieme.
Il primo a scoprirne il talento fu Antonio Possenti, il quale lo presentò al pubblico collocandolo nella schiera degli artisti naif.
La sua prima importante mostra fu probabilmente quella che si tenne a Palazzo Strozzi a Firenze nel 1976, seguita da un discreto successo espositivo ottenuto presentando le sue opere nelle più importanti città italiane come: Milano, Bologna, Viareggio, Siena; ma anche all’estero a Francoforte e a Nizza.
Morì a Montelupo nel 1987.
Nelle sue opere traspare la quotidianità di una vita vissuta in profonda povertà, a contatto con i mestieri più umili. Caratteristici sono i suoi buoi e le sue colombe, i ritratti di uomini e donne rudi, sfiancati dal duro lavoro, con i loro grandi occhi spalancati. Calati in un’atmosfera che ci trasmette tutta la verità dell’autore, senza mediazioni. La pittura di Serafini risente certamente di influenze di carattere popolaresco, rappresentando un ambiente contadini, quasi anacronistico, in lotta con il progresso della modernità, ma la sua arte non è affatto ingenua. Le fonti del suo linguaggio possono essere rintracciate nel più complesso clima europeo, come colori e forme, toni accesi e marcate linee di contorno, derivanti dal gusto dell’Espressionismo tedesco. Serafini riesce ugualmente a mantenere uno stile personalissimo, anche grazie al suo servirsi di una particolare tecnica, individuata per sopperire alla mancanza di colori. Scelse come supporto prediletto il cartone, in grado di assorbire maggiormente l’olio, passando poi ad incidere i contorni delle figure fino a sfiorare la preparazione. Alla fine seguiva la stesura di uno strato di vernice per lucidare la superficie.