Paesaggio

Il paesaggio, come genere pittorico autonomo, inteso come pura raffigurazione dello scenario naturale, si sviluppò a partire dalla fine del XVI secolo e l’inizio del XVII secolo, in quella fase di passaggio tra il Manierismo ed il Barocco. Non che questo soggetto non fosse mai stato rappresentato prima di allora, ma è proprio a partire da questi anni, che esso si svincolò dalla sua condizione di scenario, subordinato al soggetto principale, per divenire esso stesso protagonista. La sua affermazione si dovette, oltre al sempre maggiore apprezzamento da parte del pubblico, alla nascita di una trattatistica specifica, che, a partire dal Seicento, iniziò a riflettere sulle possibilità espressive di questo genere. In questi primi anni, la fortuna di questo genere pittorico si legò soprattutto ad alcune tipologie ricorrenti come: il paesaggio ideale (o classico-eroico), il paesaggio realistico ed il paesaggio fantastico, alle quali si aggiunse in seguito la veduta, ovvero la rappresentazione fedele di un luogo ideale. In realtà, vi furono anche coloro che osteggiarono questo nuovo genere, giudicandolo inferiore a quella che era stata da sempre considerata la più nobile delle pitture, cioè quella di storia e di figure. A spingere verso la moderna concezione di paesaggio furono soprattutto gli artisti del nord Europa, condizionati anche dal crollo della richiesta di immagini religiose, determinato dall’azione della Riforma protestante. Con gli anni e nei secoli successivi, l’attenzione degli artisti per questo genere pittorico andò sempre più radicandosi, tanto da divenire ancora oggi uno dei soggetti prediletti anche dal pubblico. Tra Settecento ed Ottocento, artisti come William Turner e Caspar David Friedrich, seppero trasmettere la forza e la potenza della natura, di fronte alla quale l’uomo non risultò che una piccola porzione di essa, incapace di dominarla. Tendenza che venne certamente assorbita ad Ottocento inoltrato dagli esponenti americani della Hudson River School, come Thomas Cole, i quali trassero spunto dai maestri europei come Claude Lorrain e John Constable. O ancora, dalla cosiddetta Scuola di Barbizon, della quale Jean-Baptiste Camille Corot, Théodore Rousseau e Charles-François Daubigny, furono i maggiori esponenti, capaci di approcciarsi alla natura con sensibilità, legando ad essa i sentimenti dell’animo umano. Pur avendo vissuto il suo momento d’oro nei secoli passati, il genere pittorico del paesaggio viene indagato tutt’ora dagli artisti contemporanei, risultando ancora capace di trasportare l’osservatore in una dimensione altra o di mostrare con realismo la verità della natura e dello spazio che ci circonda.

Si propone qui una serie di opere di artisti di diversa formazione ed epoca, i quali sono stati in grado di fornire, ognuno, la sua personalissima interpretazione del tema. Dai casolari di Antonio Sbrana, immersi nella campagna Toscana in un’atmosfera quasi sospesa, ai borghi brulicanti di vita contadina raffigurati da Giuseppe Comparini. Passando per le incisioni di Giovanni Fattori, capaci di trasmettere lo stretto legame tra la natura ed i ritmi della vita agreste, fino ad arrivare alla pennellata pastosa e materica di Sergio Scatizzi, che costruisce spazi dal sapore quasi astratto, ma nei quali è sempre riconoscibile la forza della natura.